L’Italia è un paese bloccato da rendite e corporazioni, per alcuni aspetti di tipo quasi medioevale.
Questo non solo blocca l’ascensore sociale (perché o nasci fortunato, o non c’è possibilità di farti strada, non importa quanto ti sforzi), non solo impedisce crescita e innovazione (e quindi benessere per tutti) ma contribuisce ad alimentare quella sfiducia e quella rassegnazione che inducono ad esempio tanti giovani ogni anno a lasciare l’Italia.
Promuovere concorrenza e libertà di impresa non è facile, e non è senza costi politici.
Mantenere un assetto bloccato, infatti, favorisce tutti gli insider: i tassisti che si proteggono da maggiori licenze o dall’ingresso di altri operatori nel settore, i titolari di concessione balneare che continuano a gestire lo stabilimento senza alcun incentivo ad abbassare i prezzi o aumentare gli investimenti, le aziende assegnatarie in-house di un servizio pubblico locale che si proteggono da nuovi gestori potenzialmente più efficienti, alcune professioni che si tramandano di padre in figlio perché gestite in modo chiuso e corporativo, i monopoli che beneficiano di barriere all’entrata che gli consentono di continuare a sopravvivere senza bisogno di innovare sulla qualità di prodotto e di processo.
Tutti costoro hanno una voce potente, e si sono quasi sempre rivelati in grado di farla sentire forte e chiaro sia presso la politica sia di destra che di sinistra.
A non avere voce invece, sono tutti quei clienti che non trovano un taxi e fanno ore e ore di fila al telefono o in stazione; quei giovani che, tornati da una vacanza in Grecia, hanno avuto un’idea brillante su come gestire uno stabilimento balneare in modo innovativo ma non possono applicarla perché non si fanno le gare; quei cittadini che pagano tariffe più alte (con qualità del servizio pessima) in settori essenziali come trasporti, rifiuti o servizio idrico solo perché bisogna mantenere in vita l’aziendina pubblica piccola e inefficiente ma che elargisce generose clientele; quei giovani che non hanno la famiglia potente eppure sognano di farsi strada in una professione o all’università; quelle tante aziende giovani e competitive che vorrebbero entrare nel settore degli appalti pubblici ma, in un modo o nell’altro, non trovano mai il modo giusto.
Tutti costoro non hanno voce, o perlomeno nessuno li ascolta: perché le loro voci sono spesso frammentate e poco riconosciute da una politica che invece troppe volte è sensibile agli interessi di chi si vuole tenere ben stretta la propria rendita di posizione, senza mai mettersi in discussione o migliorarsi.
La terza campagna di Orizzonti Liberali è una grande strategia di liberalizzazioni e promozione della concorrenza in tutti i settori dell’economia italiana.
Contemporaneamente, perché solo così si può efficacemente massimizzare il consenso dei cittadini: il tassista che affronta maggiore concorrenza, per esempio, sarà allo stesso tempo anche il cittadino che paga tariffe più basse per i servizi pubblici locali.
Promuovere concorrenza e liberalizzazioni non significa affermare la legge del più forte: al contrario, è il metodo più sicuro per distribuire opportunità e garantire dinamismo e libertà ad un paese da troppo tempo bloccato.