Tutti i partiti hanno sempre promesso di ridurre le tasse. (Nessuno lo ha mai
fatto veramente…)
perlomeno nella misura in cui è necessario per allinearci quantomeno alla media europea.
Questo accade per un motivo molto semplice: in un paese fortemente indebitato come il nostro, l’unico modo sostenibile ed efficace per ridurre le tasse è ridurre la spesa pubblica.
Ma la spesa pubblica, invece, continua a correre come un treno impazzito: dal 1995 ad oggi la spesa pubblica primaria ( = al netto degli interessi sul debito) è quasi raddoppiata in termini reali, crescendo ad una velocità media annua più che quadrupla rispetto a quella del reddito.
Dopo il necessario incremento temporaneo dovuto al Covid, la spesa pubblica ha continuato a crescere a ritmi forsennati, superando la astronomica cifra di 1.200 miliardi di euro all’anno.
Ubriacati dall’ossessione di “quanto” si spende, nessuno più pensa al “come” si spende: non esistono veri e obbligatori strumenti di controllo di gestione, di valutazione ex-post delle politiche pubbliche, di efficientamento della spesa basata sul controllo dei risultati, sulla riduzione delle stazioni appaltanti, sull’applicazione di metodologie per ridurre i costi a parità di servizio.
Nessuno, in poche parole, ha per i soldi pubblici la stessa – sacrosanta – cura che tutti noi abbiamo per i nostri soldi, guadagnati con fatica.
Ma se i nostri soldi guadagnati con fatica sono ormai sempre più insufficienti a garantirci un tenore di vita adeguato ai nostri sforzi e ai nostri impegni è proprio perché la politica ha perso il controllo della spesa pubblica, considerata ormai un pozzo senza fondo che, da sola, può risolvere tutti i problemi del paese.
Noi non la pensiamo così.
Pensiamo che i problemi dell’Italia non si risolvano necessariamente spendendo di più, ma spendendo meglio.
E se iniziamo davvero a controllare la nostra spesa, scopriamo che diverse decine di miliardi non servono ad aiutare i più deboli o a sostenere la nostra economia: ma solo a mantenere gruppi di interesse e a comprare consenso politico.
Ecco perché la prima grande battaglia di Orizzonti Liberali è per una cosa che nessun partito ha il coraggio non diciamo di fare, ma addirittura di dire: trovando la forza di andare contro quel pezzo di Paese che campa sull’inefficienza e sullo spreco del settore pubblico, e iniziando una vera opera di efficientamento e ottimizzazione della spesa, si possono recuperare risorse preziose il cui scopo deve essere uno solo: abbassare l’enorme pressione fiscale che grava su chi produce e lavora.
Che sia il ceto medio dipendente (che su 100 euro guadagnati se ne vede 45/46 sottratti dalle imposte sul reddito) o le società di persone (che alla fine dei conti hanno un prelievo complessivo persino più alto) o chiunque armato solo del proprio entusiasmo e della propria voglia di rischiare si vede sottratte risorse per alimentare uno stato inefficiente e sprecone.